Ferragosto 2013 c’è chi va al mare, chi in montagna, chi a fare la gita fuori porta e chi a Embrun, nella valle della Durance, vicino a Serre Ponçon a nuotare per 3800 metri, pedalare per 180 Km con un dislivello complessivo di 5000 m. e infine correre la maratona.

Riccardo Castelli, insegnante di Savigliano, non nuovo ad imprese del genere, ha coronato la sua impresa diventando per la seconda volta “finisseur de EmbrunMan”. Sveglia alle 4 del mattino, ricca colazione e avvicinamento al lago di Embrun dal quale alle 6 precise 1500 atleti si sono buttati in un gelido lago ancora al buio per la prima gara di questo trittico così impegnativo.

La figura che meglio descrive la visione degli spettatori, a migliaia stipati addirittura nell’acqua per essere testimoni dell’evento, è quella della mattanza dei tonni. Da lontano si vedono solo le pinne, anzi le braccia, di questi strani animali neri e occhialuti. Ci sono capacità diverse e quindi il primo ad uscire ci impiega appena 48 minuti, mentre l’ultimo, accompagnato da una imbarcazione che ne garantisce la sicurezza, arriverà dopo 2 ore e un quarto, il limite massimo consentito. Riccardo è uscito dopo 1 ora e 7 minuti, sorridente nonostante la fatica. Ha avuto la prontezza di cercare tra la folla i suoi sostenitori, l’IronMIguel e lo scrivente (neofito del triathlon di breve distanze con ambizioni di provare questa follia quando il fisico lo consentirà). La maggior parte delle persone ancora dorme ma la festa in riva al lago è iniziata. Sto mangiando il mio croissant pur beurre mentre l’eroe saviglianese si appresta al primo cambio. Tolta la muta si passa al ciclismo. Vedere 1500 biciclette una vicina all’altra è spettacolare.

Si riconoscono atleti giovani e anche signori maturi, fisici perfetti e comode pance adagiate sul tubo della propria bici. Sembra di essere al Tour de France ma quello che colpisce è la felicità che esprimono quei volti e il tifo scatenato di mogli, figli, amici presenti a sostenere il proprio eroe. Miguel ricorda le sue imprese in quel frangente, lui ha già corso quella gara  due anni fa con Riccardo e sa quanta fatica si profila per l’IronProf. Io mi limito a godermi lo spettacolo, ignaro di quanta fatica costi. Quando vedo passare il numero 178 con la divisa del Tri Team di Savigliano ho il cuore in gola, mi sento onorato di portare questi colori e qualche lacrima mi scappa. Ripenso alle mie prime gare e alla fatica che Stefano, Simona e Flavio hanno fatto partecipando ad altre gare di Iron. Un giro di 180 Km non l’ho mai affrontato, Riccardo è però ben preparato e pensarlo sulla cima del Col de l’Izoard non mi preoccupa. Quello che non so è che problemi fisici lo stanno torturando ma non lo fermano.

Ho tempo a tornare in albergo da mia moglie, ripartire insieme e spostarci sulle rive del lago di Embrun. Lì provo la mia muta immergendomi in quelle acque teatro della prima frazione. Ogni tanto mi collego alla pagina Facebook del gruppo Tri Team per vedere se ci sono altri appostati lungo il percorso e proprio dal’Izoard scrive Simona, l’IronWoman, raccontando di aver visto Riccardo passare sorridente. Con Alessandra, mia moglie, ci posizioniamo in modo da poter vedere passare gli atleti nella terza frazione: la maratona. Il primo a passare è Marcel Zamora ed ha un vantaggio di circa mezzora sul secondo. La prima ragazza è addirittura decima assoluta ed ha un passo incredibile. Rimango colpito da alcune scene che solo questo sport può permettersi: uno dei primi atleti si ferma a chiedere dove buttare la carta di un integratore appena consumato perché non vuole lasciarlo per terra! Parecchi atleti si fermano invece per baciare la propria donna o i figli e di fronte a queste immagini è difficile non singhiozzare. Passa poi l’eroe della giornata, un atleta senza un braccio. Mi chiedo come possa correre, andare in bici o nuotare, però lui è nelle prime posizioni. Finalmente passa Richy, ha il volto tirato ma sembra concentrato. Lo aspetto per l’arrivo del primo giro e poi con Alessandra e Miguel partiamo a seguirlo nel percorso cittadino. Miguel mi avverte delle avverse condizioni fisiche e quindi alla speranza si aggiunge l’angoscia, la paura che possa star male o non finire una gara preparata con tanta cura. In una salita ripidissima decido di avvicinarmi, butto via le infradito e corro scalzo per qualche centinaio di metri vicino a lui. Normalmente non posso permettermi di sostenere il suo passo ma datala stanchezza e la condizione ce la faccio. Mi sembra di sostenerlo di più, so che anche Miguel l’ha fatto per un altro tratto. Quanto è dura questa gara lo si vede dai volti tirati dei concorrenti. C’è chi cammina, chi si trascina e purtroppo chi abbandona. Ci son figli piccolissimi che trascinano papà in crisi. Non c’è pena ma ci si vuole caricare un po’ della fatica del tuo beniamino.

Si arriva al traguardo. Aspetto Riccardo all’ultima curva. Alessandra e Miguel sono sul rettilineo finale.

Questa è l’ultima immagine che ho di Riccardo prima dell’arrivo. Sereno, felice, grintoso. Ha in mano dei bicchieri di plastica che ha utilizzato per i rifornimenti. Mi vede e mi sorride. E’ un finissuer, un finisher, un IronProf ancora una volta. Alessandra vorrebbe correre con lui gli ultimi metri, Miguel ha come sempre gli occhi lucidi perché questa avventura l’hanno preparata insieme. Campione, campione, campione. Che giornata! L’ultimo pensiero è per il Tri Team. So che in tanti hanno seguito a distanza perché nel gruppo tutti ci sono per tutti gli altri. Eccoli l’Iron Prof Ricky e l’Iron Miguel, la faccia sana dello sport. Grazie compagni!

  M.B.