Cosa passi nella testa di un atleta prima della gara ancora non lo so, sono ancora un apprendista corridore. Qualche settimana fa ho partecipato alla Tutta Dritta di Torino. La prima gioia è quella di trovarsi dalla parte degli atleti, ingabbiato nella griglia di partenza.
Come nelle grandi occasioni viene cantato l’inno nazionale e di colpo ti ritrovi a pensarti alla finale delle Olimpiadi. La pioggia che cade rende un corridore alle prime armi un vero eroe. Lo starter spara e vorresti correre ma il gruppo non si muove insieme, c’è un tappo che blocca lì davanti, i secondi sembrano non passare. Nel mio caso dopo trecento metri c’è stata pure una rovinosa caduta; i blocchi di pietra bagnati e scivolosi non permettevano un pieno controllo dei piedi, gli spartitraffico in cemento hanno fatto il resto. Sono riuscito a saltarne tre ma il quarto proprio non l’ho visto e mi sono ritrovato faccia a terra in una pozzanghera. Che botta! Ginocchio sanguinante, gomiti distrutti e soprattutto l’onore ferito. Sentirsi atleti vuol dire dimenticare il dolore e continuare a correre e così ho fatto. La libertà che si prova poi è tangibile, sei padrone delle strade. A 500 metri dall’arrivo è spuntato Alberto, io mio compagno di squadra già giunto al traguardo con un ottimo tempo. In quel momento corri per te e per il tuo compagno, la tua vittoria è anche grazie a lui. Gli ultimi metri corsi al massimo con qualcuno che urla per incitarti e il traguardo che si avvicina sempre più velocemente. Un secondo dopo essere arrivato l’adrenalina ti assale e ti senti investito della grazia divina, il viaggio è diventato catarsi e ti senti trasformato. Hai vinto un tuo limite. Il tempo non è importante è il tuo tempo!
E’ la tua gara.